Una editrice si racconta
Abbiamo ricevuto un regalo: i libri di Matilda Editrice, donati per i nostri progetti dedicati alla genitorialità in carcere.
E’ stata una bella occasione per ascoltare il racconto della fondatrice della Casa Editrice, la Dott.ssa Donatella Caione, e della Dott.ssa Gemma Pacella, che insieme a lei sta portando avanti questo innovativo progetto.
Una editrice si racconta… le attività e l’anima di Matilda editrice
La casa editrice, nata nel 2003, prese il nome dalla comunità online (Mammeonline) perché i primi libri erano realmente realizzati raccogliendo le esperienze delle mamme della comunità. Poi col tempo è diventata una realtà autonoma e, dunque, serviva un nome che raccontasse quello che la casa editrice fa da sempre: bei libri per bambine e bambini con un desiderio particolare, ovvero dare spazio alle protagoniste femminili, ma anche contrastare gli stereotipi di genere, raccontare la diversità e l’accoglienza, i sentimenti e le emozioni. Ci voleva, insomma, un nome che contenesse il senso e le parole dei libri che pubblica.
Ed è venuta in mente lei, Matilda, la protagonista del romanzo di Roald Dahl, un nome che contiene perfettamente il senso di questa attività editoriale. Dice Donatella Caione, responsabile della Casa Editrice: “È un nome che parla di letteratura per l’infanzia, di bambine protagoniste, di genitorialità non solo biologica, di amore per i libri e per le biblioteche, del bisogno di non uniformarsi. Ma parla anche di famiglie imperfette e di insegnanti appassionate.
Matilda è libertà, è anticonformismo, è intelligenza, è l’emblema di quello che dovrebbe rappresentare la cultura: il mezzo per allargare i propri orizzonti e non lasciarsi sopraffare dalla grettezza.
E, oltre al senso, contiene le parole: Multicultura Accoglienza Tenacia Identità Lettura Diversità Affettività. Parole che raccontano perfettamente le motivazioni, gli interessi e l’approccio mio e di chi lavora con me, compresa la tenacia, qualità indispensabile per chi crede nel lavorare nell’editoria.
I temi maggiormente affrontati nei libri di Matilda editrice
L’obiettivo della mia casa editrice è arricchire l’immaginario di bambine e bambini cercando di decostruire gli stereotipi e comunicando la libertà di essere come si desidera.
Un esempio significativo è il contrasto alla violenza contro le donne e alla violenza domestica che deve passare innanzitutto dalla prevenzione e cominciare dalla prima infanzia, perché bambine e bambini vengono nutrite/i di stereotipi sessisti che influenzano le scelte di gioco, di studio, di abbigliamento e, via via che crescono, le scelte personali e lavorative e naturalmente le relazioni affettive e sentimentali.
Sono anche impegnata nell’associazionismo quindi mi capita di scegliere di pubblicare un libro perché ne ho bisogno per muovere un’idea.
Come editrice ed appassionata di letteratura desidero offrire nuove suggestioni e nuovi sguardi, raccontando delle storie.
La mia attività editoriale è rivolta principalmente all’infanzia e all’adolescenza, ma ho ritenuto necessario anche pubblicare dei libri rivolti al mondo adulto, ad esempio una pubblicazione sul DDL Pillon e altre sulla cosiddetta Sindrome da alienazione genitoriale, sulla rappresentazione della violenza, sul sessismo, sugli stereotipi, sul linguaggio.
Mi sono sempre chiesta se sia possibile educare alla consapevolezza e alla coscienza di sé sin dalla prima infanzia e la risposta è sì, se si evita una educazione non stereotipata che lascia la piena libertà di esprimere tutte le emozioni, incluse quelle che più difficilmente si accettano dalle bambine, come la rabbia.
Ovviamente i libri che pubblico parlano anche ai maschi che ancora di più hanno bisogno di essere cresciuti liberi, abituati come sono invece a dover/poter fare i maschiacci, a non piangere, a non tenersi uno schiaffo, a poter dare un bacetto anche a una bimba che non desidera riceverlo, a dover seguire dei modelli (il calciatore come piace a papà)…
Un bambino a cui viene impedito di piangere ma a cui è concesso invece manifestare dolore, rabbia, frustrazione urlando o dando un calcio a un oggetto potrà diventare un giovane uomo che, se lasciato dalla ragazza, non sarà in grado di sfogarsi parlandone con una persona amica o facendo un pianto liberatorio ma userà gli unici strumenti che è stato abituato ad usare: usare violenza verbale o fisica.
Pensiamo ai giochi e alle attività che fanno bambine e bambini quando non giocano insieme: le bambine giocano a fare la mamma o la maestra, fanno dei giochi in cui sono importanti relazione e dialogo, in cui si impara a prendersi cura, sin da piccole sono abituate a scambiarsi confidenze.
D’altra parte, i maschi giocano di più in attività come costruzioni, puzzle ecc. che arricchiscono le loro capacità logiche e matematiche, ma non favoriscono la capacità di dialogo.
Contrastare gli stereotipi è importante dunque per tanti motivi, compreso quello di non permettere di coltivare ai due sessi solo un certo tipo di abilità perché ciò si rifletterà nello studio (bambine brave nelle materie letterarie e bambini bravi nelle materie scientifiche) ma anche nelle relazioni. E i bei libri possono aiutare in questo lavoro di contrasto, ma possono anche aprire orizzonti su realtà diverse, sulla libertà, ad esempio, per una bambina di giocare a calcio o per un bambino di praticare la danza.
Dunque, qual è l’obiettivo dell’attività della casa editrice?
Certamente, non è dare precetti: né dire come si deve essere né come non si deve essere. Desidero solo proporre, far conoscere, non sostituire uno stereotipo con un altro stereotipo.
Racconto spesso, quando mi viene chiesto come è nata la linea editoriale di Matilda Editrice, dei libri che cercava mia figlia quando era bambina, in libreria, e che spesso non trovava. Non ha mai amato le languide storie di principesse salvate dai principi, ha sempre preferito i libri di avventura e si è sempre arrabbiata perché i protagonisti erano maschi e basta. Provavo a farla innamorare di protagoniste che avevo amato io, Pippi prima fra tutte, ma nonostante le piacessero l’offerta era sempre limitata e comunque, un po’, come dire, datata.
E così ho iniziato a coltivare il desiderio di allenare lo spirito critico nei bambini e nelle bambine, di proporre possibilità, di ampliare gli orizzonti, di far conoscere il bello della differenza e aiutare a rigettare modelli precostituiti, magari incentivando anche a rivolgere un occhio critico proprio ai libri di scuola.
È importante che bambine e bambini sappiano che sono esistite tante donne importanti anche se non se ne parla, spesso neanche nei libri di scuola. E sono state tante nonostante le difficoltà delle donne a fare cose importanti in passato. Ritengo dunque che sia utile che, leggendo belle storie, i bambini e le bambine si imbattano in Trotula De Ruggero o Ipazia o Rosalind Franklin o Ada Lovelace e tante altre perché conoscere la loro esistenza è di fondamentale importanza per rendere concreta la libertà di immaginarsi e al contempo mostrare in modo vivido come la presenza femminile sia stata ricca i tutti gli ambiti anche quando alle donne erano precluse possibilità di studio, di lavoro e spesso anche di parola.
Ma sono esistite anche donne non importanti, ovvero non note con nome e cognome, ma che hanno fatto cose importanti che hanno inciso in maniera concreta sullo sviluppo sociale, politico, culturale. Pensiamo alle mondine che hanno lottato pur lavorando ore e ore chine sui campi di riso per migliorare le condizioni di vita, gli orari di lavoro, il salario (tema protagonista del libro “Sebben che siamo donne”) o alle donne partigiane che oltre ad offrire un contributo importantissimo per arrivare alla Liberazione sono state determinanti, con il loro esserci, per l’ottenimento del diritto di voto (tema del libro “Corse di tram”).
Esistono anche società diverse da ciò che le cultura stereotipata c porta a pensare. Ad esempio la lettura di “La leggenda di Tin Hinan” mostra come esistono popoli di religione islamica come i Tuareg presso i quali il ruolo della donna è improntato a grande libertà. Le donne Tuareg non si velano (a differenza degli uomini), hanno una libertà di costumi impensabile per gli altri popoli di religione musulmana, ad esempio possono divorziare, portare con sé i figli e conservare le proprietà dopo il divorzio, e sono titolari del diritto di trasmettere il potere per via matrilineare.
In continuità con l’attività dell’associazione Toponomastica femminile è nata l’esigenza di pubblicare un albo illustrato per mostrare che, se esistono poche strade dedicate alle donne, non è perché poche donne hanno meritato che si dedicassero loro delle strade.
Il libro “Una strada per Rita” offre lo spunto per riflessioni nelle classi da cui nascono attività di ricerca nella storia locale per individuare le figure di donne importanti e dimenticate e, conseguentemente, richieste a sindaci/che per l’intitolazione di nuove strade, parchi, biblioteche, scuole all’insegna della visibilità delle donne.
Nel tempo ne sono seguite altre di pubblicazioni che provano a decostruire stereotipi e costruire linguaggi di accoglienza e libertà per ogni bambina e ogni bambino e altre ne seguiranno…
Il mese scorso abbiamo annunciato il passaggio di gestione della casa editrice da Donatella Caione a Gemma Pacella: noi la viviamo come una staffetta tra due donne, con esperienze diverse alle spalle, ma animate da desideri di tessere relazioni e fare dei libri della casa editrice non solo un prodotto editoriale, bensì il frutto di un’attività di rete tra realtà differenti e in dialogo tra loro, oppure il seme di progetti da condividere e realizzare insieme per mantenere vivo uno sguardo profondo e una prospettiva ampia sul mondo che viviamo.
